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Geronzi: «Così Mediobanca cambia per crescere»

di f. de b.

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Venerdí 01 Agosto 2008

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Sa che cosa si dice sul mercato, presidente? Si dice che lei ha forzato la mano per avere più potere, per gestire con più libertà le partecipate, in particolare Rcs e Generali. «Al contrario, io sono per l'autonomia e lo sviluppo delle partecipazioni di Mediobanca». E la lettera di Draghi sull'inopportunità che i membri dei consigli di sorveglianza siedano nei board esecutivi delle società partecipate, divenuta poi regolamento vincolante? «La ispirò un amico banchiere nel timore, del tutto infondato, che io volessi fare il presidente o il vice presidente delle Generali. Io non ho queste bramosie, né ho la vocazione ad agire per conto terzi in Rcs come alcuni, chissà per conto di chi, continuano ad insinuare».

Dunque, lei non andrà mai a Trieste? «No, Bernheim si troverà lui un successore. Resto convinto che un presidente delle Generali debba avere più poteri e che due amministratori delegati siano troppi». Geronzi ribadisce di non avere mire personali, di essere a fine carriera e di coltivare solo l'ambizione a svolgere il ruolo di un banchiere attento anche alle complessità e alle esigenze del proprio Paese. Conferma di tenere in modo particolare al rapporto privilegiato con il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, felice del sistema duale, Giovanni Bazoli, anche lui favorevole a una banca di sistema, a un istituto di credito che persegua oltre al valore per gli azionisti, l'interesse generale.

«Mediobanca è sempre stata al centro del sistema, non può emarginarsi». Dunque, se c'è da salvare Alitalia deve esserci? «Può decidere di non esserci, e non escludo che possa essere coinvolta, ma deve guardare le carte e poi eventualmente dire di no. Intesa comunque sta facendo un buon lavoro. Era più vicina, per tanti motivi, a molti dei possibili investitori. Ma l'operazione va fatta se è solida, non perché si è costretti a farla. Vede, io credo che l'indipendenza di Mediobanca si difenda meglio giocando appieno il nostro ruolo non restando, per principio, fuori dalle partite più importanti. Prenda Telecom. Mediobanca ha fatto in pieno la sua parte e sostiene il management. Spiace poi leggere, e chissà chi l'abbia detto all'esterno, che se l'amministratore delegato Bernabé viene da noi è per ricevere un inesistente ultimatum. Purtroppo, Telecom paga ancora il prezzo di una privatizzazione affrettata, come lo furono del resto quelle del Credito Italiano, venduto per un pezzo di pane, e della stessa Comit. Il mercato non ha sempre ragione e i mercatisti non mi sono molto simpatici». La pensa come Tremonti, dunque? «Sì, trovo che sia molto maturato, meno professore più uomo politico e di Stato».

Sa cosa si dice anche, dottor Geronzi? «Avanti, dica...». Che i maggiori poteri le servirebbero per ripararsi meglio da una eventuale condanna nei processi che la vedono coinvolto. «Una autentica falsità, io mi difendo bene da solo, non ho fatto nulla, non vi è alcuna prova contro di me, lo scrive anche il giudice dell'udienza preliminare».

Il presidente di Mediobanca non ritiene esaurita la crisi finanziaria ma è meno pessimista di un anno fa. «Una valutazione attendibile stima in 300 miliardi le perdite non ancora emerse, finora ne abbiamo contate fino a 500. Il nostro Paese appare piuttosto protetto e non credo vi saranno molti effetti sulla liquidità disponibile». A proposito, voi ne avete tanta, di liquidità, e state meglio di altre banche d'affari. Molti target, Ubs, Merrill Lynch, sarebbero teoricamente alla vostra portata. «Io credo che si debba avere un po' di coraggio, non aver paura di aprire una pagina bianca, guardare all'estero con più decisione. Non possiamo accontentarci di aprire qualche filiale o di avere successo nel retail».

Che Banca, con l'esclamativo, ha avuto successo o no? «Sì, la raccolta prima la facevano le banche socie, oggi dobbiamo farla noi direttamente». Presidente, non le sembra il caso di dire a chiare lettere che il modello di banca universale è fallito? «Io credo che si debba affrontare una revisione incisiva della legge bancaria del '93. Abbiamo risposto con troppa superficialità, per esempio, alla crisi del risparmio gestito, che è profonda. Le banche hanno sbagliato a trasformarsi in semplici catene distributive di prodotti, a volte pessimi, concepiti da altri, ma oggi una ritirata frettolosa dalle società di gestione appare la mesta rinuncia a svolgere un ruolo statutario e caratteristico del credito». Le piacciono le nuove regole che consentono di superare la soglia del 15 per cento del capitale di una banca da parte di un investitore industriale?

«È una normativa europea, per noi non priva di rischi, purtroppo». E il regolamento Consob in discussione sulle operazioni con parti correlate? «Un passaggio legislativo pericoloso. Noi abbiamo circa 1200 parti correlate. E tutte le operazioni che le riguarderebbero dovrebbero essere alla fine decise da amministratori indipendenti? Andiamo! Noi spesso scimmiottiamo gli altri. In peggio. Si ricorda quando introducemmo le Sim? Arrivarono da noi quando gli inglesi le stavano già smantellando». Mediobanca è vicina al Monte dei Paschi dopo la complessa operazione Antonveneta. «Il nostro rapporto con il Monte è molto intenso e il nostro intento è accompagnare una banca amica nella sua attività organizzativa e di sviluppo aziendale». Un interesse di Santander?

  CONTINUA ...»

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